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19 maggio 2024
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Saluto a Franco Frabboni


Dai quotidiani ai social è rimbalzata la notizia che Franco Frabboni all’età di 89 anni ci ha lasciato col
cordoglio dei tantissimi amici, collaboratori e interlocutori che via via sono stati suoi compagni di strada
a partire dagli anni Sessanta. Il mondo dell’educazione e della scuola perde ‘un maestro’ che insieme a
tanti altri è stato promotore attivo della ‘Pedagogia militante’. Spesso si dice che di fronte alla morte ci
sentiamo più soli, ma laddove si è compiuto un percorso di vita e di studio militante, tenace e
perseverante c’è una eredità culturale con la quale fare i conti e che ci accompagnerà nei prossimi anni.
Chi l’ha conosciuto a UNIBO nei primi anni Settanta può ben testimoniare come innanzitutto Franco
Frabboni (insieme a Piero Bertolini, Andrea Canevaro, Milena Manini, Eugenia Lodini, Mario Gattullo,
Antonio Faeti, Matilde Callari Galli, Antonio Genovese e tanti altri) sia stato promotore della Nuova
scuola dell’infanzia, dando concretezza a quella collaborazione fra Comune e Università finalizzata a
costruire una scuola “a nuovo indirizzo”. Quelli sono stati anni generativi dove l’Università di Bologna
era una fucina di formazione vivace in cui si preparava anche quel terreno di formazione continua
permanente che, poi negli anni a seguire anno dopo anno, ha coinvolto intere generazioni di insegnanti,
di educatrici e di operatrici sia nella scuola dell’infanzia che nei nidi di infanzia. Da quella
collaborazione, che Bruno Ciari (Direttore al settore scuola del comune di Bologna dal 1965 al 1970) ed
Ettore Tarozzi (assessore alla Pubblica Istruzione dal 1960 al 1975) vollero per il rinnovamento della
scuola di base, nacque anche il coordinamento pedagogico e la figura del coordinatore pedagogico.
Per fotografare quel periodo occorre parlare di un fermento di dibattito diffuso, anche aspro e spesso
denso di intenzionalità critica e di originalità fra quelli che oggi chiamiamo maestri (e sono tanti!). In
questa dimensione si andavano a forgiare le tesi più significative a proposito di scuola dell’infanzia, di
educazione, di nidi di infanzia, di diritto allo studio in tanti Comuni (Torino, Reggio Emilia, Ravenna,
Firenze, per citarne solo alcuni) che costituiscono nell’attualità un grande riferimento culturale oltre ad
aver orientato la pluridecennale esperienza educativa. Occorre ricordare quanto quello che oggi
chiamiamo governance trovi in quel periodo le sue radici nei Comuni che da istituzioni amministrative
di atti divenivano Enti locali in grado di gestire servizi educativi, sociali, sanitari a vocazione universale
e di promuovere i diritti dell’infanzia grazie alla esperienza politica e civile di molte Amministrazioni
comunali e regionali.
La scuola dell’infanzia comunale a Bologna come in tanti altri territori si espandeva disegnando nuovi
contesti educativi per fare spazio e dare tempo a tutti i bambini e le bambine, dando rilievo al gioco, alla
socializzazione fra pari, all’apprendimento attraverso l’esperienza diretta, all’autonomia e alla creatività.
La giornata a scuola veniva immaginata e sperimentata in un tempo pieno la cui struttura organizzativa
era costituita dalla cura nella relazione fra adulti e bambini con momenti di routine (accoglienza, cura di
sé e bagno, pranzo e merende, saluto), con spazi di sezione e intersezione aperti e articolati in angoli di
gioco e centri di interesse per accogliere il fare dei bambini, le loro curiosità e scoperte. Fin dalle origini
si avviò anche l’idea di un luogo di incontro collettivo e quotidiano per il dialogo e la regolazione
gruppale, lo scambio di parole, la comunicazione. Fin da subito questo luogo chiamato (a Bologna)
cassettiera risultò interessante perché era tempo di parola data ai bambini piccoli.
Gli attuali documenti nazionali (Linee pedagogiche zerosei del 2021, Orientamenti nazionali dei servizi
educativi del 2022 con Le indicazioni nazionali del curriculo del 2012) danno conto di queste origini e
della loro evoluzione culturale ed esperienziale grazie al contributo e alla elaborazione di tanti militanti
e di tante scuole/servizi educativi, …

Altro aspetto molto significativo fu il collettivo, un gruppo di lavoro che riconosceva a tutte le figure
operative la funzione educativa nella relazione coi bambini, per occuparsi insieme di
programmazione/organizzazione/verifica/comunicazione coi genitori, e riprogettazione dell’esperienza.
Franco Frabboni non ha mai smesso di rinnovare la sua passione e il suo interesse epistemologico per
ragionare intorno al rapporto fra educazione e democrazia comprendendo fin dalle origini che
educazione e politica sono termini intrecciati e che la scuola è l’istituzione più importante dove si
possano fondare le strutture democratiche della società. Particolarmente esplicito nei suoi studi emerge
il tema della continuità sia in direzione delle famiglie (orizzontale) che in direzione della qualità della
scuola di base (verticale). Su questo aspetto si è schierato in maniera aspra e senza equivoci in relazione
a quei tentativi di riforma che, anni dopo, hanno indebolito/svuotato il tempo pieno favorendo una
scuola dei più forti, reso faticosa l’accoglienza e l’inclusione, contribuito alla dispersione scolastica e a
impoverire le funzioni educative e culturali della professionalità degli insegnanti.
A Franco Frabboni dobbiamo riconoscere il suo interesse e la sua visione per una scuola aperta e
democratica come fondamento dell’educare, situata nel territorio di vita dei bambini. Il rapporto
scuola- territorio non è stato uno delle tante piste di ricerca ma il paradigma di una visione intorno ai
bambini e alle bambine come cittadini e alla scuola in dialogo continuo con le agenzie del tettorio
(culturali-sociali-associative-sanitarie), come primo terreno fertile di cultura e di apprendimento,
pensando ai bambini come soggetti che vivono e apprendono non a compartimenti stagni. Tanta strada,
tante esperienze, tante dimensioni si sono aperte grazie a questa visione e in questa prospettiva occorre
approfondire continuando a ricercare non rinunciando mai a comprendere come la nostra scuola stia o
abiti il territorio.
A proposito di visione un altro aspetto che vogliamo ricordare è l’idea di sistema formativo integrato di
cui è stato un fermo sostenitore. Il DECRETO LEGISLATIVO 13 aprile 2017, n. 65 impegna oggi
Comuni, Regioni, Soggetti pubblici e privati a concretizzare l’istituzione del sistema integrato di
educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni in tutto il territorio nazionale. La riflessione
intorno alla nozione di territorio è stata sostenuta da una lucida analisi della società contemporanea e da
una articolata lettura dei cambiamenti socioculturali e dei molteplici rischi in divenire per le nuove
generazioni. Fin dagli anni Settanta ha prestato attenzione e studio ‘al sistema allargato e policentrico’
che di fatto veniva a comporsi nel territorio regionale rendendo ‘incompiuta’ qualsiasi innovazione.
Questo sistema si articolava in tre gestioni chiuse e non dialoganti (statale, comunale,
privata/parrocchiale) e ne ha tratteggiato i rischi per i bambini e le famiglie. A partire da questi studi è
stato un convinto assertore di una nuova prospettiva per un sistema formativo integrato basato sul
rapporto stretto e coordinato fra le agenzie intenzionalmente educative del territorio:”…appare
quantomeno urgente (sul piano istituzionale) il richiamo alle agenzie intenzionalmente formative
(scuola, famiglie, enti locali, associazionismo) a stipulare tra loro un patto di ferro, una grande
alleanza pedagogica…” (Cfr. Franco Frabboni, Franca Pinto Minerva, Manuale di pedagogia generale,
Roma-Bari, Laterza, 2002.)
Con queste brevi memorie vogliamo porgere un saluto a Franco Frabboni consapevoli che noi educatori,
noi coordinatori, noi amministratori, noi….. per Sessanta anni abbiamo avuto la fortuna di collaborare e
di confrontarci con tanti che possiamo definire con giusta ragione ‘maestri per interesse, passione,
cultura, impegno e militanza e di formarci nella riflessione.

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